LA ECCEZIONE DI PRESCRIZIONE DEL DEBITO ERARIALE

19 settembre 2025

L’IMPUGNAZIONE DELLE CARTELLE DI PAGAMENTO, DELLE INTIMAZIONI DI PAGAMENTO E DEGLI ATTI ESECUTIVI

LA NULLITA’ DEGLI ATTI PRESUPPOSTI – L’IMPUGNAZIONE DEGLI ATTI CONSEGUENTI


L’INVALIDITA’ DEGLI ATTI SUSSEGUENTI – QUANDO FARLA VALERE E QUANDO VIENE SANATA


A seguito della notifica di una cartella di pagamento, di una intimazione di pagamento o di un qualsiasi altro atto di esecuzione da parte dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione (ADER)

1.      la prima domanda che ci si fa è se il credito vantato dall’Amministrazione è prescritto o meno.

2.      La seconda domanda da farsi è cosa fare se il credito è prescritto, per far valere il proprio diritto.

3.      La terza è quando ci si deve muovere per far valere la prescrizione.


a.      Per quanto riguarda la prima domanda sappiamo che i crediti erariali (IRPEF, IRES, IRAP, IVA, Registro …) si prescrivono in 10 anni; i crediti degli enti locali (es. IMU, ICI, TARI …) si prescrivono in 5 anni, come anche le sanzioni (comprese quelle stradali) e gli interessi; mentre il bollo auto (regionale) si prescrive in 3 anni.

b.      Per quanto riguarda la seconda, l’unica strada certa e necessaria da percorrere è l’immediata impugnazione dell’atto notificato, anche se è possibile fare anche un’istanza in autotutela chiedendo l’annullamento dell’atto per prescrizione del credito. Ma tale ultima possibilità non tutela il contribuente in quanto non sospende i termini per ricorrere e se la risposta non arriva in tempo o se è negativa non si fa più in tempo ad impugnare l’atto; rimane poi, in tal caso, la sola possibilità di impugnare il diniego di autotutela od il silenzio rifiuto trascorsi 90 giorni dalla presentazione dell’istanza di autotutela.

c.      Per quanto riguarda la terza, è importante non sbagliare, per far valere l’eccezione di prescrizione bisogna muoversi impugnando subito il primo atto conosciuto – ovvero regolarmente notificato - entro 60 giorni dalla notifica dello stesso.


In merito, bisogna tenere in seria considerazione due principi noti ed ormai consolidati nella giurisprudenza della Corte di Cassazione:

1)     Il primo afferma che il vizio di notifica del primo atto, nella sequenza procedimentale degli atti, travolge anche gli atti successivi (Cass. SS.UU. sent. n. 10012 del 15.04.2021; Cass. ord. n. 1144 del 18.01.2018; Cass. SS.UU. sent. n. 5791 del 04.03.2008; Cass. SS.UU. sent. n. 16412 del 25.07.2007);

2)     Il secondo, in apparente contrasto con il primo, afferma il principio della non impugnabilità, se non per vizi propri, di un atto successivo ad altro divenuto definitivo perché rimasto incontestato, in base al disposto dell’art. 19 c. 3 del D.Lgs. 546/1992 (Cass. ord. n. 3005 del 07.02.2020; n. 714 del 12.01.2022; n. 16641 del 29.07.2011; n. 8704 del 10.04.2013; n. 23046 del 2016). Afferma, infatti, la Cassazione che l’omessa impugnazione da parte del contribuente dell’atto prodromico a quello opposto, quest’ultimo non integra un nuovo e autonomo atto impositivo, con la conseguenza che, in base all’articolo 19, comma 3, del Dlgs n. 546/1992, esso resta sindacabile in giudizio solo per vizi propri e non per questioni attinenti all’atto da cui è sorto il debito (Cass. ord. n. 3005 del 07.02.2020).


Tenendo conto dei principi sopra esposti, per non perdere il diritto di eccepire l’avvenuta prescrizione di un debito tributario dobbiamo impugnare il primo atto che ci viene regolarmente notificato, sia esso una cartella di pagamento, una intimazione di pagamento, il preavviso di iscrizione ipotecaria o altro atto esecutivo da parte dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione.

In caso contrario, non potendo più impugnare l’atto prodromico, regolarmente notificato, possiamo solo eccepire i vizi propri del solo atto oggetto di impugnazione senza poter più eccepire la prescrizione già compiuta e già contestabile con il precedente atto.

Pertanto, come dicevo, la sequenza procedimentale degli atti, anche se inficiata dalla irregolare notifica di un atto prodromico, che dovrebbe travolgere tutti i successivi, in realtà, si interrompe con la notifica di un atto regolarmente notificato e non impugnato, non essendo più consentita l’eccezione di prescrizione già consumata, se non nei limiti dei vizi propri dell’ultimo atto oggetto di impugnativa.

In pratica, in tal caso – e qui sta a mio avviso l’apparente contraddizione tra i principi – la irregolare sequenza procedimentale degli atti, che come afferma il primo principio dovrebbe travolgere tutti i successivi, in realtà viene sanata dalla notifica di un atto regolarmente effettuata e non impugnato nei termini di legge in base all’applicazione del disposto dell’art. 19 c. 3 del D.Lgs. 546/1992, che così limita l’impugnativa:

“Ognuno degli atti autonomamente impugnabili può essere impugnato solo per vizi propri. La mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all'atto notificato, ne consente l'impugnazione unitamente a quest'ultimo..”




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